Il Pastificio Fiorillo ha ottenuto le certificazioni BRC e IFS per la qualità della pasta e per la sicurezza alimentare. Grazie a un sistema di...
Di Francesco Sironi
Qualità e tradizione intatte per questo formato-simbolo, anche grazie ad un innovativo sistema di pastorizzazione, mentre l’azienda prepara l’ingresso nella Gdo.
A Piscopio, piccola frazione di Vibo Valentia, nella Calabria dei sapori e profumi antichi, l’idea di creare un pastificio sembrava velleitaria per quel paese di circa 2.000 abitanti. Non tanto, però, se si pensa che qui la panificazione è piuttosto radicata con ben cinque panifici ben avviati. Il passo era breve, occorreva solo un po’ di coraggio per una scommessa che non era solo imprenditoriale: si trattava di far rivivere un pezzo importante della tradizione regionale attraverso la sua pasta-simbolo, il maccherone al ferretto. Un prodotto che solo da alcuni anni è stato riscoperto e valorizzato dalla gastronomia al di fuori della Calabria “e ora noi vorremmo che diventasse quello che, ad esempio, le orecchiette sono per la Puglia”, dice Michele Fiorillo, uno dei titolari dell’omonimo pastificio, che nasce nel 2001 per volontà di Giuseppe Fiorillo e che viene gestito insieme agli altri fratelli, Valerio e Davide.
Dopo la forte crescita dei primi anni (con tassi intorno al 60/70%) in produzione e fatturato, oggi l’azienda sta entrando in una fase di maturità con performance ancora sostenute (intorno al 20% ).
Negli ultimi due anni l’azienda ha deciso di investire in nuove linee produttive, affiancando così ai formati regionali freschi e secchi una nuova linea di pasta trafilata al bronzo.
La pasta fresca, dunque, ha segnato l’inizio della vostra “avventura”?
“Inizialmente, infatti, l’attività era dedicata esclusivamente a questa produzione e per una ristretta clientela locale di ristoranti e negozi al dettaglio.
Nel 2003, grazie all’esperienza maturata sul campo, l’azienda decide di puntare su qualcosa di più impegnativo: un pastificio di pasta secca specializzato nella produzione di pasta artigianale regionale. In particolare, si è scelto di creare una linea produttiva per il prodotto di punta del territorio di appartenenza (Tropea - Vibo Valentia), ossia il maccherone calabrese,altrimenti detto fileja, cioè “filato”. Una sottile sfoglia viene avvolta ad un filo di ferro, rappresentato quasi sempre dal ferro da calza. Il ferretto con la sfoglia viene poi compresso per allungare e rendere sottile il maccherone. Era il piatto tipico della domenica in famiglia, anche perché per la sua lavorazione occorrevano diverse ore. Veniva condito con ricchi sughi a base di capra, manzo o maiale: quello ‘alla tropeana' resta, però, secondo me, una delle declinazioni più superbe di questa pasta”.
Perché avete puntato proprio su questo prodotto?
“Abbiamo voluto legare il prodotto al territorio d’appartenenza. La provincia di Vibo Valentia rappresenta da anni un punto di riferimento per il turismo in Calabria e non solo: abbiamo avuto da subito l’intuizione che si potesse creare qualcosa che gli stessi turisti potessero fortemente pubblicizzare al di fuori del nostro territorio. Dovevamo, però, inventarci un prodotto qualitativamente unico e ci siamo riusciti con un innovativo sistema di pastorizzazione (primo in Italia) che permette di conservarne tutte le qualità organolettiche senza alterarne il sapore, il colore e la forma. Nel nostro lavoro, l’attenzione per l’aspetto artigianale della lavorazione è massimo. Ma anche la tecnologia fa la sua parte: abbiamo essiccatoi all’avanguardia con un controllo completamente computerizzato delle singole fasi di essiccazione”.
Il vostro target di riferimento sono soprattutto i calabresi sparsi nel mondo: è davvero così forte il richiamo alle tradizioni locali?
“L’obiettivo del nostro pastificio è di far conoscere in tutto il mondo le eccellenze made in Calabria, far capire che esiste una Calabria vogliosa di fare e non piegata per forza al fatalismo dell’emigrazione. Il mercato di riferimento dell’azienda è stato rappresentato, sin da subito, dai calabresi stessi, in Calabria e nel mondo. Tant’è vero che, attualmente, il pastificio esporta circa il 60% della propria produzione in quei
territori dove vivono i calabresi, ossia in città come Milano, Torino, Roma, ma soprattutto in Paesi come il Canada, l’Australia, la Francia, la Germania e di recente la Spagna. Anche la pasta fresca ha un rispettabile mercato di riferimento, che però per problemi di tipo logistico è limitato alla Calabria stessa”.
Com’è organizzata la catena di comando?
“Nello stabilimento di Piscopio, la capacità produttiva è di circa 36 quintali giorno; l'organizzazione del laboratorio e della logistica è affidata agli altri tre fratelli che coordinano 9 dipendenti in turni di lavoro, anche notturno, che variano da due a tre. A me spetta, invece, tutta la responsabilità di tipo amministrativo, commerciale e sviluppo. Il carattere familiare su cui poggia l’intera attività ha costituito il punto di forza dell’azienda e rappresenterà anche il punto di riferimento per i futuri programmi di crescita”.
Programmi di crescita, appunto. A cosa state lavorando per il futuro?
“I programmi di sviluppo dell’azienda prevedono la conquista di nuovi mercati, sia “complicati” come gli Usa - anche se il dollaro e una spiccata tendenza protezionistica creano non pochi problemi - che emergenti, come la Spagna e la Russia. Stiamo valutando anche la partecipazione al Fancy Food Summer di New York della prossima estate e, più in prospettiva, ad importanti rassegne alimentari a Parigi e Mosca. Entro i prossimi due anni pensiamo di incrementare produzione e organico; inoltre si sta studiando la creazione di una nuova linea di prodotti con logo e packaging innovativi per mercati di elite”.
La Gdo resta, però, fuori della vostra rete commerciale.
“Pensiamo anche a questa eventualità. Nel giro di un paio di anni, e aumentando la produzione a circa 100 quintali giornalieri, si potrà rifornire anche questo segmento, ma con un’altra linea di prodotti con logo e packaging differenti per tener indenne l’immagine e la connotazione artigianale della nostra pasta rispetto alle dinamiche di mercato che caratterizzano la Grande distribuzione”.
Poi c’è la crisi del mercato dei cereali... Come la state vivendo?
“Èuna crisi dalle cause non del tutto chiare. Il dato certo è che il prezzo della semola è più che raddoppiato, costringendo i produttori ad aumenti parziali per non rischiare di uscire dal mercato. Il prezzo finale al consumatore è stato, dunque, calmierato proprio da noi produttori. Adesso, aspettiamo la prossima raccolta del grano per capire se continuare a contenerlo, con la speranza che i listini della semola scendano, oppure adeguare ancora i prezzi. Una tale instabilità di mercato rischia di stravolgere i programmi futuri di crescita. A prescindere dalle nostre problematiche, sono convinto che da subito i Governi a livello mondiale debbano intervenire per evitare una crisi alimentare di dimensioni catastrofiche. Il prezzo dei cereali rende impossibile sfamare miliardi di persone. Personalmente trovo eticamente e moralmente sbagliato la riconversione delle colture verso i biocarburanti: non credo sia corretto respirare un’aria più pulita in Occidente al prezzo di far morire di fame la gente nel Quarto mondo”.
Il pastificio ai raggi X
Pastificio Fiorillo S.a.s.
Via Mèsima
89900 Piscopio di Vibo Valentia
tel. 0963 596153 - 545295
fax 0963 596153
Sito: http://www.pastificiofiorillo.com/
Mail: info@pastificiofiorillo.com
Anno di fondazione: 2001
Produzione: 24-36 quintali al giorno
Mercati di riferimento: 40% Italia, 60% estero. I prodotti aziendali non sono reperibili nella Gdo, ma solo nei piccoli esercizi dedicati alle lavorazioni artigianali tipiche e di qualità.
Numero formati prodotti: 45
Distribuzione Italia: a livello locale per la pasta fresca e il centro-nod per quella secca.
Distribuzione estero: solo pasta secca in Canada, Austria, Germania, Francia e Spagna.
Linee di prodotto: pasta fresca, pasta secca e aromatizzata.